Inquinamento atmosferico e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)

 

L’inquinamento è sempre stato un argomento molto discusso, di grande interesse e in continua evoluzione. Negli ultimi tempi, in particolar modo, è frequente sentir parlare di inquinamento atmosferico e polveri sottili nelle grandi città, italiane e non, e della correlazione al possibile rischio di sviluppare una malattia respiratoria cronica. Tra le più note e conosciute vi sono la bronchite cronica e la BPCO, o broncopneumopatia cronica ostruttiva.

 

 

La BPCO

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una patologia cronica dell’apparato respiratorio, che provoca difficoltà a respirare e interessa polmoni e bronchi. Compromette la funzionalità polmonare ed è identificabile attraverso manifestazioni cliniche come insufficienza respiratoria e ostruzione delle vie aeree.

 

In particolare, è una condizione in cui i tipici sintomi (tosse anche cronica, dispnea, affaticamento) possono risolversi momentaneamente per poi ripresentarsi in un momento successivo. Questa “riaccensione” dei sintomi viene definita esacerbazione o riacutizzazione.

 

 

La prevenzione

La BPCO è una condizione cronica e per questo motivo è bene cercare di prevenire al meglio sia l’insorgenza dei sintomi, sia le riacutizzazioni. Per farlo, è fondamentale conoscere le cause della malattia ed essere consapevoli dei possibili fattori di rischio: in questo modo, la prevenzione è possibile.

 

I fattori di rischio

I fattori di rischio si identificano come le condizioni associate statisticamente alla comparsa di una determinata malattia e in grado di influenzarne il decorso.

 

Tipicamente, i fattori di rischio possono suddividersi in modificabili e non modificabili. Nel caso specifico della BPCO la suddivisione dei principali fattori di rischio per la patologia si sviluppa in individuali e non individuali.

Fattori di rischio individuali

Per fattori di rischio individuali si intendono tutte quelle situazioni o condizioni che possono favorire lo sviluppo della malattia e che non sono modificabili.

 

  • Cause genetiche. Alcune condizioni genetiche, ovvero la presenza di determinati geni nel DNA degli esseri umani, può costituire un fattore di rischio non modificabile per la malattia. Per la BPCO la condizione genetica su cui sono disponibili più studi al momento è il deficit di alfa1-antitripsina, condizione ereditaria caratterizzata dalla carenza dell’omonima proteina epatica. La proteina epatica ha il ruolo di proteggere i polmoni, quando presente; nella condizione di deficit viene meno anche la sua azione protettiva. Anche altri geni sembrano essere correlati all’insorgenza di patologia, ma gli studi relativi sono ancora in corso.
 
  • Fattori socio-demografici. Lo stato socio-economico è uno dei fattori che possono facilitare lo sviluppo della BPCO. Alcune persone in uno stato di povertà possono essere maggiormente esposte a condizioni di vita con aumentato rischio di malattia (affollamento, abitudini alimentari non salutari, esposizione al fumo, infezioni polmonari).
 
  • Patologie respiratorie complesse. Alcune condizioni respiratorie come asma, infezioni polmonari, ipersensibilità bronchiale possono contribuire allo sviluppo della patologia. 

 

Fattori di rischio non individuali o ambientali

I fattori di rischio non individuali o modificabili si riferiscono a situazioni o condizioni che effettivamente possiamo influenzare o cercare di modificare.

 

  • Fumo di tabacco. Il fumo di sigaretta sembra essere tra i più consolidati fattori di rischio per la BPCO, molto più del fumo di sigaro o pipa. È dimostrato da numerosi studi che accelera il già presente decadimento della funzione respiratoria.
  • Fumo passivo. L’esposizione passiva al fumo di sigaretta contribuisce parzialmente allo sviluppo dei sintomi respiratori.
  • Esposizione professionale a sostanze chimiche. All’interno dell’ambiente di lavoro può succedere di essere esposti a polveri organiche e inorganiche, agenti chimici e fumi. Per questo alcune categorie professionali vengono considerate a rischio di BPCO.
  • Inquinamento dell’aria. In questa categoria rientrano l’inquinamento atmosferico e l’inquinamento all’interno degli ambienti chiusi.

 

 

L’inquinamento atmosferico negli ambienti esterni

Quando si parla di inquinanti atmosferici si intendono quelle sostanze in grado di alterare la normale composizione chimica dell’aria, provocando conseguenze sulla salute dell’uomo e dell’ambiente.

I più noti e comuni inquinanti atmosferici hanno un ruolo nello sviluppo o nell’aggravamento di patologie respiratorie, tra cui la BPCO. Questi inquinanti derivano prevalentemente da gas di scarico di automobili o vetture, siti industriali, zone molto edificate e sono soggetti a ristagno soprattutto nei periodi invernali, a causa dello scarso ricambio d’aria.

  • Ossidi di zolfo (SOX). Gli ossidi di zolfo (ad es. anidride solforica) si accumulano  tipicamente nelle aree urbane e industriali. L’ossido di zolfo (SO2) è molto solubile in acqua, e per questo viene assorbito con grande facilità dalle mucose del naso e delle vie respiratorie superiori.
  • Ossidi di azoto (NOX) e monossido di carbonio (CO). Il monossido (NO), il biossido di azoto (NO2) e il CO sono gas che si accumulano soprattutto in zone con molto traffico veicolare, quindi in città o zone cittadine molto trafficate. Un’eccessiva esposizione può causare un aumento nell’incidenza di varie malattie respiratorie, soprattutto negli asmatici.
  • Particolato atmosferico (PM). Il particolato è costituito da un insieme eterogeneo di particelle. Presente anche come inquinante negli ambienti interni, anch’esso è molto concentrato nei periodi invernali, come gli altri inquinanti già citati.

 

 

L’inquinamento atmosferico negli ambienti interni

Come visto in precedenza, l’inquinamento non si limita ai gas a cui ci si può esporre all’esterno, in città molto trafficate o in zone industriali, ma ci sono anche fonti di inquinamento interno, che possono essere di vario tipo.

Le fonti di inquinamento negli ambienti chiusi possono essere:

  •  fuochi a legna e/ostufe;
  • materiali utilizzati per l’edilizia e per articoli di arredamento;
  • prodotti per la pulizia;
  •  sistemi di raffreddamento.

Gli effetti dell’inquinamento interno possono variare a seconda del soggetto. In certi casi, dopo periodi di tempo molto variabili come giorni, mesi o anni, possono svilupparsi sintomi come irritazioni della gola e dei bronchi, sensazione di gola secca, tosse. È difficile prevedere quale reazione si avrà agli agenti inquinanti degli ambienti chiusi: l’importante è cercare di ridurne l’esposizione il più possibile.

 

 

Cosa fare per cercare di ridurre i potenziali rischi comportati dall’inquinamento?

Come visto in precedenza, l’inquinamento è un fattore di rischio modificabile: significa che possiamo fare del nostro meglio per evitare di respirare troppi inquinanti e per cercare di metterci in situazioni protette, per quanto possibile. Migliorare la nostra qualità della vita è possibile.

Alcuni consigli o osservazioni utili:

  • prestare attenzione ad eventuali problemi in un ambiente chiuso, ad esempio muffa e cattivi odori; 
  • notare la riduzione di eventuali sintomi quando si esca da casa o da un certo ambiente chiuso;
  • prestare attenzione a dove si pratica attività fisica all’aperto e a che ora, ad esempio in che zona della città, inoltre è consigliabile evitare le ore di punta di traffico.

 

 

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